- Pubblicata il 05/08/2025
- Autore: Cristian
- Categoria: Racconti erotici sottomissione
- Pubblicata il 05/08/2025
- Autore: Cristian
- Categoria: Racconti erotici sottomissione
Nodi sulla neve - Veneto Trasgressiva
Nella penombra di una baita sperduta fra le montagne innevate di Aosta, Cristian, fotografo milanese di 41 anni, stava vivendo un ritiro forzato. Il crepitio del fuoco nel camino era l’unico suono che tagliava il silenzio spesso della neve. La sua macchina fotografica, poggiata su un tavolo grezzo, sembrava dimenticata, come la sua ispirazione.
Poi era arrivata lei.
Kaori.
Escort giapponese, 33 anni, maestra di shibari. Una donna il cui corpo parlava più di mille pose. Aveva una presenza magnetica, elegante e letale come una lama affilata. Ogni gesto era calcolato, sensuale, dominato. I suoi occhi neri scintillavano con un’intelligenza calma, che sapeva leggere gli uomini prima ancora che aprissero bocca.
Aveva accettato di posare per lui, ma alle sue condizioni.
«Stavolta, sarai tu il soggetto», aveva detto con un sorriso appena accennato.
La baita era diventata una stanza del piacere. Dalle travi pendevano corde rosse, perfettamente annodate. Cristian, incuriosito ma arreso, si era lasciato spogliare da lei. Ogni capo tolto era una carezza lenta, una resa consapevole. Quando fu completamente nudo, la pelle esposta all’aria fredda della baita, Kaori iniziò a legarlo.
Lo sollevò, sospendendolo parzialmente con una maestria che rivelava anni di pratica. Le corde gli serravano le braccia e il busto, lasciandolo vulnerabile e teso, mentre il suo sesso era libero, dondolante e già gonfio di desiderio.
Kaori si avvicinò. Indossava solo un kimono aperto, lasciando intravedere i suoi seni sodi e la rasatura perfetta tra le cosce. Il contrasto tra la sua pelle dorata e le corde cremisi era ipnotico.
Si inginocchiò davanti a lui, le labbra sfiorarono i fianchi, poi scesero più giù, in baci umidi che segnavano il percorso del piacere. Con una lentezza feroce, iniziò a masturbarlo, afferrando il suo cazzo con una mano esperta, stretta quanto bastava, mentre con l’altra accarezzava le sue dita legate, accentuando la sensazione di sottomissione totale.
«Ti piace, vero? Sentirti mio?»
Cristian ansimò. Il suo corpo ondeggiava leggermente, impotente e affamato.
«Sì… mi piace», gemette, mentre la pressione aumentava, e il piacere cominciava a montare.
Kaori si spostò dietro di lui. Le sue mani scorrevano sulla sua schiena, poi affondarono nei glutei con decisione. Cristian sentiva il calore del suo respiro sul collo, una carezza bollente nella frescura della baita.
Poi venne la penetrazione. Un gesto preciso, senza esitazione. La sua carne si aprì a lei, e per un istante trattenne il respiro, sorpreso dalla potenza di quella sensazione. Poi si arrese. Appeso, tremante, veniva scopato con lentezza ma fermezza, ogni spinta un colpo profondo che gli toglieva il fiato.
Kaori lo cavalcava da dietro, le mani salde sui suoi fianchi, il suo cazzo in mano, ancora duro e gocciolante. Ogni colpo era una carezza e una punizione, ogni gemito un applauso al suo dominio.
Cristian si sentiva divorato. Il suo ruolo di artista si era dissolto; adesso era solo corpo, sensazione, carne esposta.
Il ritmo aumentò. Le spinte si fecero più decise, più affamate, mentre Kaori lo prendeva fino in fondo. Poi, come in un rituale antico, lo portò al limite. E quando l’orgasmo arrivò, fu un'esplosione primitiva. Urlò il suo nome, il piacere che lo attraversava come un fulmine, il seme che schizzava e colava lungo la sua pancia.
Rimasero lì, in silenzio. La corda ancora tesa, il suo corpo che pulsava. Kaori si avvicinò al viso di lui, lo baciò piano.
«Hai posato bene», sussurrò con un sorriso malizioso. «Forse anche troppo bene.»
Lo slegò lentamente, con la stessa cura con cui l’aveva legato. Quando fu libero, lo accolse tra le coperte davanti al camino. Le loro pelli si cercavano ancora, nude, calde, sazie eppure ancora bramose.
Cristian la guardò.
«E chi avrebbe mai detto che la mia musa sarebbe stata una escort giapponese in mezzo alla neve di Aosta?»
Kaori rise piano. «E chi avrebbe mai detto che un fotografo così rigido sarebbe stato tanto bravo a lasciarsi andare?»
Quella notte, mentre la neve continuava a cadere lenta, Cristian riprese in mano la macchina fotografica. Kaori posava per lui, nuda, distesa tra le corde disordinate e le lenzuola sgualcite. Ogni scatto era un atto d’amore. Ogni click un orgasmo congelato nel tempo.
E mentre il fuoco si spegneva, tra le ombre della baita, Cristian capì che non aveva solo trovato una modella. Aveva trovato la chiave per aprire se stesso.
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