Il marinaio del porto - Veneto Trasgressiva

Matteo si appoggiò al corrimano della barca. Il vento salmastro gli scompigliava i capelli, l’odore del mare gli accarezzava le narici e negli occhi si rifletteva l’infinito: il punto in cui cielo e acqua si fondevano in un unico respiro. In quella sera a Livorno, non era un copywriter in fuga dal solito brief. Era solo un uomo alla ricerca di carne, di stimoli, di un contatto vivo che rompesse la monotonia dei pensieri.

Fu allora che lo vide.

Rocco, pelle ambrata come un’onda estiva, fisico compatto, tatuaggi che accendevano la fantasia. Camminava sul molo con la calma di chi sa esattamente cosa vuole. Uno sguardo, ed era già chiaro: non era solo un bell’uomo, ma un escort esperto, un amante addestrato a leggere i desideri degli altri come se fossero scritti sulla pelle.

“Posso offrirti qualcosa da bere?” chiese con voce roca e calda, quasi un graffio nella sera.

“Una birra andrà benissimo,” rispose Matteo, cercando di tenere il controllo, anche se il suo cuore batteva come un tamburo.

Seduti sul ponte, con le lattine che sudavano tra le dita, parlarono del nulla che precede ogni scopata vera: il mare, le città, le ferite dell’anima. Ma Rocco non era lì per filosofeggiare. I suoi occhi si muovevano sul corpo di Matteo con pazienza predatoria.

“Hai mai fatto l’amore sotto le stelle?” domandò, poggiando una mano pesante sul suo ginocchio.

Matteo scosse la testa. Rocco si avvicinò, gli sfiorò le labbra con le sue, poi lo baciò pienamente, con una fame che non lasciava spazio a dubbi. Le mani gli slacciavano i jeans, spingevano la stoffa fino a scoprire il sesso già duro, pronto, affamato.

Senza perdere tempo, Rocco lo spinse con dolce decisione contro il parapetto della barca, inginocchiandosi davanti a lui. Lo prese in bocca con esperienza, affondando lentamente, poi aumentando il ritmo con gesti precisi, caldi, pieni. Matteo ansimava, afferrando le corde ai lati per non cedere alle ginocchia.

“Guarda il mare,” mormorò Rocco, con il cazzo ancora tra le labbra. “Lascia che ti guidi.”

Il piacere montava come una marea. Ogni ondata che sbatteva sullo scafo sembrava sincronizzarsi con i colpi di lingua, con il ritmo deciso della mano che lo masturbava alla base. Matteo si lasciò andare. Gemette forte, il corpo che si contraeva, mentre veniva con violenza, eiaculando sul legno umido della barca.

Ma Rocco non aveva ancora finito.

Lo spinse sul ponte, lo leccò con avidità, baciando l’addome, mordendo i fianchi, fino a prenderlo di nuovo in bocca. Matteo gemeva, incredulo di poter essere ancora così eccitato. La lingua di Rocco era instancabile, famelica, portandolo sull’orlo una seconda volta, solo per poi fermarsi, lasciarlo tremante, sospeso.

Poi si alzò in piedi, prese il preservativo dalla tasca dei pantaloni lasciati lì accanto, se lo mise con un gesto fluido, e con voce più bassa ordinò: “Voltati.”

Matteo obbedì, le mani sul parapetto, il culo esposto alla sera umida. Rocco lo accarezzò, lo aprì lentamente, preparandolo con le dita e con la saliva, poi lo penetrò con un solo, lento movimento che lo fece ansimare forte.

“Guardami,” disse, afferrandogli i capelli per fargli voltare il viso.

Gli occhi si incontrarono mentre Rocco lo scopava con colpi profondi, controllati, ma sempre più intensi. I fianchi di Matteo sbattevano contro il parapetto, le gambe che tremavano, mentre la voce di Rocco gli sussurrava oscenità all’orecchio: “Ti piace essere scopato così, vero? Sei perfetto così, stretto, bagnato, mio.”

Il piacere montava di nuovo, e Matteo si lasciò andare con un grido, venendo per la seconda volta, mentre sentiva Rocco venire dentro di lui, ansimando contro la sua schiena, un ringhio basso, animale, contro la pelle sudata.

Rimasero così, avvinghiati, sotto le stelle, i corpi incollati dalla salsedine e dallo sperma. Nessuna parola, solo respiro e battiti.

Quando si separarono, si sdraiarono fianco a fianco sul ponte.

“Sei stato il mio miglior cliente,” disse Rocco con un sorriso lento, sornione, mentre accendeva una sigaretta.

Matteo rise, ancora ansimante. “E tu il mio miglior sogno bagnato, versione reale.”

Rocco si chinò e gli baciò il collo. “Domani sarò ancora qui.”

“E io pure.”

Si salutarono solo all’alba, quando il cielo cominciava a colorarsi di rosa e il mondo reale iniziava a insinuarsi nei loro corpi esausti. Ma in quel momento, Matteo sapeva che quel sesso non era stato solo un incontro. Era stato una scoperta. Una liberazione.

E mentre camminava verso la terraferma, con i pantaloni ancora umidi e il cuore pieno, sapeva che il suo prossimo testo non sarebbe stato una pubblicità.

Sarebbe stato un ricordo.


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