- Pubblicata il 29/05/2025
- Autore: LUCA
- Categoria: Racconti erotici etero
- Pubblicata il 29/05/2025
- Autore: LUCA
- Categoria: Racconti erotici etero
IL MAESTRO PRIVATO - Veneto Trasgressiva
Nelle stanze silenziose e cariche di storia dell’Università di Bologna, i corridoi riecheggiavano di passi affrettati, sussurri, e del fruscio delle pagine voltate. Era tardo pomeriggio, e la luce del sole si rifrangeva sulle vetrate gotiche dell’edificio come una benedizione dorata. In quell’atmosfera sospesa, Luca, professore di filosofia di 39 anni, sedeva alla sua cattedra come una sentinella antica, immerso nella lettura di Heidegger.
Era un uomo che non passava inosservato. La sua presenza imponeva silenzio e rispetto, non per autorità gridata, ma per la calma solenne con cui dominava ogni ambiente. Aveva occhi che sembravano leggere oltre le parole, dentro le intenzioni, e un portamento che incuteva la sensazione di essere sempre sotto esame.
Quel giorno, una ragazza bussò alla sua porta. Sonia. Ventitré anni, un viso dai tratti dolci ma risoluti, e un’energia inafferrabile negli occhi. Disse di essere una studentessa interessata alla filosofia esistenzialista, citò Camus con disinvoltura, ma Luca percepì subito la nota stonata. Troppa sicurezza. Troppa padronanza nel gioco del mistero. Il professore sapeva riconoscere la maschera della curiosità genuina da quella del desiderio travestito.
Non disse nulla. Ma decise di non smascherarla. Non ancora.
Iniziò così un rituale che, settimana dopo settimana, si fece sempre più carico di sottintesi. Sonia ascoltava, prendeva appunti, ma spesso il suo sguardo si perdeva su Luca, più interessata a lui che alle parole che pronunciava. E Luca, pur mantenendo il tono professionale, godeva nel condurre quel gioco silenzioso in cui non era chiaro chi stesse seducendo chi.
Una sera, con il buio che calava lento sulla città, Luca chiuse il libro e si alzò.
"Basta parole," disse.
Sonia lo guardò sorpresa.
"Per oggi?" chiese.
"No. Per questa parte della lezione. Ora iniziamo quella che davvero ti interessa."
Lei non finse sorpresa. Lo stava aspettando.
"Se vuoi continuare, ci sono regole," disse lui.
"Quali?"
"La prima: qui comando io. La seconda: ogni tua resistenza deve essere autentica. Non recitare. La terza: nulla di ciò che accade qui sarà mai ripetuto altrove."
Sonia si morse il labbro, un gesto istintivo che rivelava eccitazione e tensione.
"Accetto."
Luca le fece cenno di seguirlo. Attraversarono il corridoio deserto, fino a un’aula seminascosta, in un’ala dell’università dove i passi si perdevano nel silenzio. Era lì che il professore teneva i suoi testi più rari, lontano da occhi indiscreti. Le pareti erano rivestite di scaffali in legno, l’odore era un misto di carta antica e cera per mobili. Una lampada bassa gettava ombre calde sui loro volti.
"Siediti," disse Luca.
Sonia obbedì.
"Cos’è, per te, la libertà?" domandò, rompendo il silenzio.
"Fare ciò che si desidera," rispose lei.
"No. È scegliere consapevolmente a cosa sottomettersi."
Lo disse camminando lentamente dietro di lei, sfiorandole appena la spalla con le dita. Sonia rabbrividì. Non di paura, ma di attesa. Ogni parola era un invito velato, ogni pausa un brivido.
Luca iniziò a parlare di Nietzsche, dell’oltreuomo, della volontà di potenza. Sonia ascoltava, ma era come se quelle teorie si intrecciassero con qualcosa di più profondo e personale. Era il corpo a recepire la lezione, non solo la mente.
"Tu giochi a dominare il desiderio altrui," disse lui, senza voltarsi.
"È un modo per sentirmi viva."
"Sei pronta a scoprire cosa succede quando qualcuno riesce a dominare il tuo?"
Un lungo silenzio. Poi Sonia si alzò. "Sì."
Non ci furono gesti improvvisi. Solo parole. Frasi pronunciate lentamente, che scendevano dentro come il vino forte. Luca le parlava vicino all’orecchio, senza mai toccarla. Sonia si sentiva spogliata senza che le venisse tolto nulla.
Quando infine Luca le prese la mano e la guidò a sfiorare i dorsi dei libri, sembrava un gesto casuale. Ma Sonia capì che era simbolico: ogni libro è una soglia. Ogni gesto, una scelta.
Passarono la notte a parlare. Sedevano vicini, le ginocchia sfiorate, i pensieri intrecciati come dita curiose. Nessuno dei due cedette del tutto. Ma entrambi capirono che qualcosa era iniziato. Qualcosa che avrebbe cambiato il modo in cui guardavano il mondo.
Quando lei uscì, all’alba, le luci della città tornavano a farsi strada tra i portici. Sonia si sentiva diversa, come se avesse attraversato una soglia invisibile. Non era stata solo una lezione: era stato l’inizio di un legame in cui mente, corpo e volontà si rincorrevano in un equilibrio fragile e affascinante.
E Luca, rimasto solo fra i suoi libri, sapeva che la prossima lezione sarebbe stata ancora più importante.
Non si trattava più solo di filosofia. Era un viaggio.
La settimana successiva, Sonia tornò all’università con un passo diverso. Non c’era più la maschera della studentessa spaesata. I suoi movimenti erano lenti ma decisi, come se conoscesse già il percorso, come se fosse attratta da una calamita invisibile che la richiamava verso qualcosa di inevitabile.
L’aula era vuota. Luca la stava aspettando, seduto alla scrivania, le mani intrecciate davanti a sé. Non sorrideva, non parlava. Solo la osservava, come se ogni dettaglio – la collana che indossava, il modo in cui si sistemava i capelli – fosse parte di un codice che lui era in grado di leggere.
“Pensavo che dopo la scorsa volta saresti sparita,” disse infine, rompendo il silenzio.
“Ero tentata,” rispose lei, poggiando lo zaino a terra. “Ma non riesco a smettere di pensarti.”
Luca non commentò. Si alzò e le fece cenno di seguirlo. Non verso l’aula segreta questa volta, ma in un cortile interno dell’ateneo. Era uno spazio nascosto, delimitato da colonne di pietra e rampicanti che salivano fino ai piani alti. Il sole, filtrando attraverso il fogliame, creava disegni cangianti sul selciato.
“Siediti,” disse, indicando una panca di marmo.
Lei obbedì. Lui rimase in piedi, di fronte a lei, ma non troppo vicino.
“Oggi non parleremo di potere,” annunciò. “Parleremo di controllo. La differenza è sottile, ma fondamentale. Il potere è ciò che gli altri ti attribuiscono. Il controllo è ciò che riesci a mantenere su te stessa, anche
quando qualcuno cerca di disarmarti.”
Sonia lo fissava. Quelle parole erano quasi un avvertimento. O forse una sfida.
“E tu? Hai il controllo, professore?”
“Solo quando voglio.”
Il gioco riprese lì, in quel cortile nascosto. Non ci furono gesti intimi, ma le parole erano sufficienti. Sonia lo provocava, usando domande apparentemente innocenti, ma sempre tese a sondare il limite. Luca rispondeva con metafore, citazioni, aforismi che lasciavano spazio all'immaginazione più che alla chiarezza.
Verso la fine dell’incontro, lui le porse un piccolo volume. Era L’essere e il nulla di Sartre, rilegato in pelle nera.
“Leggi questo passaggio,” le disse, indicando un paragrafo.
Lei lo fece. Le sue labbra si muovevano lentamente, pronunciano parole dense di concetti: libertà, desiderio, identità.
Quando finì, alzò lo sguardo. “Vuoi che mi perda in questo?”
“No,” rispose Luca, avvicinandosi. “Voglio che ti ritrovi.”
Poi si chinò verso di lei, ma si fermò a un respiro di distanza. Sonia sentì l’impulso di accorciare quello spazio, ma si trattenne. Fu lui a parlare ancora.
“La prossima volta, ti farò una domanda. E da come risponderai, deciderò se sei pronta a essere più di ciò che sei venuta a cercare.”
Senza aggiungere altro, si voltò e se ne andò, lasciandola sola nel cortile.
Sonia rimase lì per lunghi minuti, con il libro in mano, il cuore che batteva irregolare e la sensazione che qualcosa dentro di lei fosse cambiato. Per la prima volta, non si sentiva più in controllo del gioco. Eppure non aveva paura.
Quello che stava nascendo tra loro non era solo un rapporto tra maestro e allieva, tra uomo e donna. Era qualcosa di più raro. Più pericoloso.
Un legame che sfidava i confini. Della mente, del corpo. Del sé.
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