- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Davide
- Categoria: Racconti erotici gay
- Pubblicata il 11/08/2025
- Autore: Davide
- Categoria: Racconti erotici gay
Tra i sassi - Veneto Trasgressiva
Il sole di Matera cadeva sui Sassi come oro liquido, insinuandosi tra i vicoli stretti e le pietre antiche. Ogni casa scavata nella roccia sembrava un frammento di storia, sospesa tra il tempo presente e il respiro dei secoli passati.
Davide, ventotto anni, guidava un gruppo di turisti con passo sicuro, la voce calda che intrecciava leggende e dettagli architettonici. I suoi occhi scuri si illuminavano ogni volta che parlava della sua città, e quel sorriso sottile sembrava custodire segreti che pochi avrebbero avuto il privilegio di scoprire.
Fu tra la folla che lo notò.
Un volto straniero, pelle ambrata, un sorriso che era già un invito. Javi, trentun anni, spagnolo, portava con sé la sicurezza di chi conosce il proprio fascino. Si avvicinò con la scusa di chiedere indicazioni, ma nel suo sguardo c’era già una promessa.
«Scusi,» disse con un accento che addolciva le parole, «potresti indicarmi la strada per il belvedere?»
Davide lo guardò negli occhi, lasciando che un sorriso lento e malizioso si formasse sulle sue labbra. «Certo… ma posso mostrarti molto di più di un panorama.»
Si allontanarono dal gruppo, percorrendo vicoli che sembravano condurli in un’altra epoca. L’aria era calda, il silenzio interrotto solo dal suono distante di una campana e dal rumore morbido dei loro passi. C’era un magnetismo palpabile: non parole inutili, ma un filo invisibile che li avvicinava a ogni angolo girato.
Davide, con un gesto improvviso, lo fece fermare contro un muro di tufo. Le dita sfiorarono il braccio di Javi, poi risalirono lungo la spalla.
Si guardarono per un istante infinito, finché le labbra si incontrarono in un bacio lento, profondo, che parlava di desideri appena svegliati. Le mani esplorarono con delicatezza, come se stessero leggendo un testo antico inciso nella pelle dell’altro.
«Non qui» mormorò Davide, con un lampo negli occhi. «Voglio che Matera ci tenga il segreto.»
Lo condusse fino a casa sua, una piccola abitazione affacciata sulla valle. Le finestre erano aperte, lasciando entrare il respiro del tramonto. Non ci fu fretta nello spogliarsi: ogni gesto era una scoperta, ogni carezza un accordo silenzioso di una melodia privata.
Si adagiarono sul letto, e il loro contatto divenne un dialogo senza parole: respiri che si rincorrevano, corpi che si avvicinavano e si allontanavano come onde. Davide tracciava con le dita la linea della spina dorsale di Javi, come un artista che ripassa il contorno di un’opera già perfetta. Javi rispondeva con sguardi intensi, gesti sicuri ma mai invadenti, fino a farlo sorridere in quella maniera che è insieme resa e trionfo.
Il tempo perse importanza.
Il calore della pietra, il colore del cielo e il profumo dell’aria estiva diventarono parte della loro intimità. Era un piacere che non aveva bisogno di essere affrettato: un gioco di attese, sospiri e sguardi che dicevano più di qualsiasi parola.
Quando il buio scese, rimasero sdraiati vicini, le mani intrecciate e gli occhi rivolti verso la finestra aperta. La valle brillava di piccole luci, come un tappeto di stelle rovesciato sulla terra.
«Questa è la vera Matera,» disse Davide, la voce bassa, «una città che non dimentica i suoi amanti.»
Javi sorrise, stringendolo appena di più. «E io non dimenticherò te.»
All’alba, la luce dorata tornò a inondare la stanza. Sapevano entrambi che il tempo non sarebbe stato generoso con loro, ma quel momento, inciso nella pietra viva della città e nel ricordo dei loro corpi, avrebbe resistito.
Non come un addio, ma come una promessa sospesa.
Il sole di Matera cadeva sui Sassi come un fiume dorato, scolpendo ogni pietra e vicolo in un chiaroscuro eterno. Per mesi, Davide aveva percorso quelle strade con i suoi gruppi di turisti, raccontando storie e leggende, ma portandone dentro una soltanto: quella di un uomo dagli occhi scuri come la notte spagnola e il sorriso di chi non teme di sedurre.
Javi.
Era stato un incontro breve, una scintilla accesa e poi subito portata via dal vento della distanza. Ma ogni volta che Davide passava davanti al muro di tufo dove si erano baciati la prima volta, sentiva ancora il calore delle mani di lui sulla propria pelle.
Poi, un pomeriggio di fine estate, mentre conduceva un piccolo gruppo verso il belvedere, una voce familiare interruppe il suo racconto.
«Scusi… potresti indicarmi la strada?»
Non servì voltarsi per sapere chi fosse.
Davide sorrise, ma questa volta non era lo stesso sorriso malizioso della prima volta: c’era dentro attesa, desiderio e un brivido che gli scivolava lungo la schiena.
«Non credevo che Matera avesse ancora qualcosa da mostrarti» rispose, fissandolo negli occhi.
Javi non rispose subito. Si avvicinò, come se la folla attorno fosse scomparsa, e gli mormorò all’orecchio: «Sono venuto per finire quello che abbiamo iniziato.»
La porta di casa si chiuse dietro di loro con un tonfo sordo. Non servì parlare: il silenzio era già un linguaggio che conoscevano bene.
Javi lo spinse dolcemente contro il muro, baciandolo con una fame trattenuta per mesi. Le loro lingue si incontrarono come se volessero recuperare ogni secondo perduto.
«Ti ho pensato ogni notte» disse Javi, slacciando la camicia di Davide con dita sicure. «Ogni volta immaginavo il sapore della tua pelle.»
Davide gemette quando le labbra di Javi scesero sul suo collo, poi sul petto, tracciando un percorso umido e caldo fino alla linea dei pantaloni.
Javi si inginocchiò e liberò Davide dalla stoffa, stringendolo con una mano e assaporandolo lentamente, come si degusta un vino raro. La lingua tracciava cerchi, le labbra lo avvolgevano con forza misurata, e Davide si lasciò cadere la testa all’indietro, emettendo un suono che non aveva nulla di turistico, ma tutto di carnale.
«Basta…» ansimò Davide, tirandolo su e spingendolo verso il letto. «Adesso tocca a me.»
Lo spogliò lentamente, sfiorando ogni centimetro di pelle come un amante esperto, ma con la reverenza di un uomo che tocca un’opera d’arte. Quando Javi fu completamente nudo, Davide lo spinse sul materasso, salì sopra di lui e cominciò a baciarlo dalla bocca fino all’interno delle cosce, fermandosi solo per sentire i brividi che provocava.
Javi lo prese per i fianchi, lo guidò dolcemente a inginocchiarsi sopra di lui. «Voglio sentire ogni parte di te» disse con voce roca.
Davide si abbassò lentamente, accogliendolo dentro di sé con un gemito profondo. La sensazione era quella di un’ondata calda che lo invadeva, e iniziò a muoversi con un ritmo lento, quasi ipnotico.
Ogni spinta di Javi era precisa, piena, accompagnata da baci e morsi leggeri sul petto e sul collo. Davide gemeva, le mani appoggiate al petto di lui, i capelli che ricadevano a sfiorargli il viso.
«Più forte…» sussurrò, e Javi obbedì, aumentando la potenza e la velocità, riempiendo la stanza con il suono dei loro corpi che si univano e delle voci che si perdevano l’una nell’altra.
Il piacere crebbe fino a diventare quasi insopportabile. Davide si piegò in avanti, baciandolo con una furia disperata, mentre i loro corpi tremavano vicini al limite.
Con un ultimo, profondo colpo, Javi venne dentro di lui, gemendo il suo nome, e pochi istanti dopo Davide si lasciò andare, stringendolo così forte che sembrava volesse fonderlo con sé.
Rimasero stesi, ancora uniti, mentre il loro respiro tornava lento. La finestra era spalancata, e il vento portava l’odore della pietra calda e della terra.
Javi gli accarezzò il viso. «Questa volta non me ne vado domani.»
Davide sorrise, gli occhi lucidi. «Allora ti mostrerò ogni segreto di Matera… e ogni segreto mio.»
Fuori, il sole cominciava a risalire tra i Sassi, dorando la città. Dentro, tra quelle mura di pietra viva, i due amanti sapevano di aver scritto il loro finale: non un addio, ma l’inizio di una storia che avrebbe avuto ancora molte notti e molti giorni da raccontare.
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