- Pubblicata il 18/06/2025
- Autore: Roberto
- Categoria: Racconti erotici fetish
- Pubblicata il 18/06/2025
- Autore: Roberto
- Categoria: Racconti erotici fetish
Tacchi e schiavitù - Veneto Trasgressiva
Nella penombra di un loft a Salerno, dove il sole si infiltrava timido tra le fessure delle persiane, l’aria vibrava di tensione erotica. Roberto, 44 anni, agente immobiliare raffinato e dal fisico curato, era in ginocchio, nudo, il corpo già in allerta, i sensi acuiti dall’attesa. Il cuore gli batteva come se volesse uscire dal petto. L’erezione lo tradiva, pulsante, impossibile da ignorare.
Di fronte a lui, su un trono di velluto rosso, sedeva Mirea, 39 anni, escort fetish dal fascino magnetico. Le sue gambe lunghe erano avvolte da calze nere con cuciture perfette che accentuavano le sue forme. I tacchi a spillo le slanciavano la figura, rendendola una dea crudele e irresistibile. Il suo sguardo era quello di chi ha tutto il controllo, e sapeva usarlo fino in fondo.
"Avvicinati," ordinò lei, la voce vellutata ma ferma. Roberto non esitò. Si trascinò ai suoi piedi, come un animale addestrato, docile, pronto a essere dominato. Le sue labbra iniziarono a posarsi sulle caviglie di Mirea, risalendo con lentezza lungo le calze. Le leccava con devozione, assaporando il sapore della seta e del potere. Ogni bacio era una supplica muta.
Mirea gli prese i capelli e glieli strinse tra le dita affusolate. Lo spinse con decisione a premere il viso contro le sue scarpe lucide. Poi sollevò un piede e glielo posò sulla bocca. "Lecca," disse con un mezzo sorriso che faceva tremare. E lui obbedì, la lingua esplorava le dita dei piedi, le cuciture delle calze, con una fame quasi disperata.
Il clic dei tacchi sul parquet accompagnava ogni suo spostamento. Mirea camminò intorno a lui come un felino, poi gli sbatté il viso contro le scarpe, senza dolcezza. Con una mano iniziò a masturbargli il cazzo, lentamente, con movimenti calibrati. Il tocco era una tortura: abbastanza per farlo impazzire, mai abbastanza per farlo venire.
"Ti piace così, cagnolino mio?" sussurrò, accarezzandogli i capezzoli con l’altra mano, stringendo fino a farlo gemere. "Dimmelo."
"Più di ogni cosa... voglio sentirti dentro... voglio che tu mi prenda..." Roberto ansimava, gli occhi lucidi per la tensione.
Mirea lo guardò con un ghigno. "Bene."
Si alzò e andò verso la cassettiera. Da lì estrasse una cintura di cuoio nera, flessibile, che faceva tintinnare tra le dita. Tornò da lui con passo lento, lasciando che la cintura sfiorasse il suo membro già teso. Poi lo legò, immobilizzandolo. Le mani sopra la testa, le gambe divaricate. Roberto tremava. Era nudo, vulnerabile, e completamente nelle mani della sua escort fetish.
Mirea si inginocchiò fra le sue gambe, si leccò le labbra, e iniziò a penetrarlo lentamente con la cintura. I suoi occhi non lasciavano mai quelli di lui. Roberto gemeva forte, quasi piangeva dal piacere. Ogni affondo era più profondo, ogni movimento più crudele e delizioso.
"Sei mio," mormorò lei, mentre lo scopava con la cintura, accarezzandogli il petto e stringendogli i capezzoli. La mano sinistra intanto gli accarezzava il cazzo, duro come la pietra. "Solo mio."
Roberto non era più in grado di parlare, solo di ansimare e mugolare. Ogni fibra del suo corpo era concentrata su quel punto di contatto, sulla cintura che affondava in lui e sulla mano che lo portava verso il limite.
"Ora," ordinò Mirea.
L’orgasmo esplose come una scarica elettrica. Roberto venne con violenza, gettando il seme sul pavimento del loft, il corpo scosso da spasmi, il cuore impazzito. Fu un orgasmo lungo, devastante, che lo lasciò svuotato e felice, quasi senza forza.
Dopo qualche minuto, mentre il silenzio tornava nel loft, Mirea sciolse lentamente le corde, sfiorandolo con dita morbide, lasciandogli sulla pelle il ricordo del suo tocco.
"Sei incredibile..." sussurrò lui, ancora disteso a terra, col volto segnato da un sorriso soddisfatto.
"E tu sei il mio giocattolo preferito," rispose Mirea con una risata bassa, sensuale. Gli diede un bacio leggero sulle labbra, un tocco che sapeva di promessa.
Poi si rivestì lentamente, lasciandogli il tempo di guardarla, di desiderarla di nuovo. Roberto si alzò, le prese la mano, la baciò con rispetto e fame.
"Fino alla prossima volta," disse lei, e i suoi tacchi risuonarono ancora nell’open space mentre si allontanava.
Nel cuore di Salerno, in quel loft che ormai era diventato il loro rifugio segreto, l’agente immobiliare e l’affascinante escort fetish continuavano a perdersi nei giochi di dominazione e sottomissione, riscrivendo ogni volta la mappa dei loro desideri più proibiti.
Era passata solo una settimana dall’ultima volta, ma a Roberto sembrava un'eternità. Da giorni non pensava ad altro. Quei gesti, quella voce, quel modo in cui Mirea lo aveva preso, sottomesso, svuotato. E ora, mentre saliva le scale del loft con la chiave tra le dita sudate, sentiva già il sangue pulsare forte nelle tempie.
Appena varcò la soglia, trovò tutto esattamente come l’aveva lasciato: le tende chiuse, la luce morbida delle lampade, il profumo delicato di Mirea nell’aria. Lei era lì, in piedi, al centro della stanza. Indossava solo un body di latex nero lucido che lasciava scoperti i fianchi, le calze a rete larghe e un paio di stivaletti con tacco altissimo. I capelli scuri sciolti, il rossetto rosso fuoco, lo sguardo tagliente.
"Spogliati. E inginocchiati," disse senza neanche salutarlo.
Roberto obbedì, sentendo già il cazzo indurirsi mentre si liberava dei vestiti. La vista di lei, così fiera e dominante, lo faceva impazzire. Quando fu nudo e inginocchiato, Mirea si avvicinò. Le sue dita, coperte da guanti in pizzo, gli afferrarono il mento.
"Stavi pensando a me, vero? A come ti ho scopato... come ti ho fatto urlare..." Gli passò il pollice sulle labbra, poi lo infilò dentro, e Roberto lo succhiò istintivamente.
Lei sorrise. "Bravo cagnolino. Ma oggi... voglio sentirti piangere di piacere."
Lo spinse a terra e si mise sopra di lui, a cavalcioni sul suo petto. Da lì, si sollevò leggermente il body e lasciò che il suo sesso rasato e bagnato scivolasse sulle labbra di lui.
"Leccami. Fammi godere con quella lingua."
Roberto spalancò la bocca, la lingua tesa, e Mirea abbassò lentamente il bacino su di lui, iniziando a sfregarsi. Il suo clitoride cercava ogni movimento, ogni contatto. Lei gemeva piano, sussurrando oscenità, mentre lui la leccava come un assetato. I suoi succhi gli bagnavano la faccia, e lui ne voleva di più, cercava di prenderla più in profondità.
Mirea si contorceva, il respiro accelerato, le mani nei capelli di lui, fino a quando venne con un sussulto, tremando su quel volto devoto.
Ma non era finita.
"Adesso tocca a me giocare," mormorò, scendendo dal petto di lui. Si alzò, andò a prendere una strap-on dalla cassettiera e la indossò lentamente, mentre Roberto la guardava ipnotizzato.
Lei si avvicinò da dietro, lo fece inginocchiare a quattro zampe sul tappeto. Senza fretta, gli bagnò l’ano con un lubrificante fresco, poi iniziò a penetrarlo lentamente, centimetro dopo centimetro. Roberto gemette forte, la sensazione lo faceva tremare. Mirea si abbassò su di lui, lo baciò dietro il collo e cominciò a muoversi con movimenti lenti ma profondi.
"Sei il mio giocattolo preferito. Il mio porco personale," sibilava, mentre affondava sempre più dentro di lui.
Ogni spinta era precisa, diretta. Il ritmo aumentava, il suono umido dei corpi si mescolava ai gemiti. Lei lo teneva per i fianchi e lo scopava con forza crescente, le sue tette premevano contro la schiena di lui, mentre il cazzo finto gli faceva perdere ogni contatto con la realtà.
Poi, con una mano, iniziò a masturbarlo da sotto, accarezzando la punta bagnata, premendo con le dita appena sotto i testicoli. Lo sentiva tremare, sospeso tra dolore e piacere assoluto.
"Vieni solo quando te lo dico io," gli sussurrò. "Trattienilo. So che vuoi venire. Ma adesso devi supplicare."
"Ti prego…" ansimava Roberto. "Ti prego, fammi venire…"
"No."
Lei aumentò il ritmo, lo prese con violenza, mentre la sua mano lo accarezzava più veloce. I muscoli di Roberto si contraevano. Stava per esplodere.
Solo quando vide che era sul punto di spezzarsi, Mirea si chinò sull’orecchio di lui. "Ora."
E lui venne di nuovo, con un orgasmo ancora più potente del precedente, il corpo scosso da ondate di piacere rovente, il seme che schizzava sul pavimento sotto di loro, mentre gemeva il suo nome come una preghiera.
Mirea si fermò solo quando lo sentì crollare sul tappeto, esausto, sudato, svuotato. Poi si sfilò lo strap-on, si avvicinò a lui e gli baciò il collo, lentamente.
"Non hai idea di quanto mi piaci così. Distrutto," gli sussurrò, mentre gli passava una mano sul petto.
Roberto la guardò con occhi lucidi, il sorriso di chi ha appena toccato il paradiso. "Non smettere mai."
Mirea lo accarezzò, come si accarezza qualcosa di prezioso e sottomesso. "Mai, tesoro. Questo è solo l’inizio."
Roberto ricevette un messaggio sul cellulare alle 19:44, quando stava ancora chiudendo l’agenzia.
«Via dei Canali 22, terzo piano. Nessun nome sul citofono. Entra e chiudi dietro di te. Vestito elegante. Oggi si gioca per davvero.»
M.
Il cuore gli partì in corsa. Conosceva Mirea da qualche mese ormai, ma non aveva mai ricevuto un messaggio del genere. Abituato agli incontri nel loft, tra piaceri e rituali noti, sentiva che stavolta qualcosa stava cambiando.
Quando arrivò davanti al portone anonimo, nel cuore pulsante del centro storico di Salerno, l’aria era densa di attesa. Salì le scale, il cuore martellava. La porta era socchiusa. Entrò.
La stanza era buia, silenziosa, illuminata solo da candele sparse. Odore di cuoio, incenso e sesso. Tutto era dominato dal nero: pareti, tendaggi, arredi. Sul fondo, una croce di legno, alcune catene, una struttura sospesa. Ma ciò che attirò subito la sua attenzione fu Mirea.
Lei era lì, vestita con un corsetto di pelle stringato, un collare borchiato e una maschera veneziana nera che le copriva metà volto. Ai piedi, stivali alti fino alle cosce. Era bellissima, sovrumana. Più che una donna, una divinità decadente del piacere.
"Siediti. E ascolta," disse, indicandogli una sedia al centro della stanza.
Con voce lenta e bassa, Mirea iniziò a raccontare. Parlò del suo passato. Di quando aveva iniziato come semplice escort, poi dominatrice, poi iniziata a un gruppo esclusivo di clienti e amanti selezionati. Un circolo segreto, fatto di maschere, potere e desiderio. Quella stanza era il cuore di quel mondo: la Stanza Nera.
"E tu oggi sarai il mio cavaliere caduto. Il mio servo errante. Giocheremo alla cattura e confessione," sussurrò lei, sfiorandogli il viso con la frusta.
Lo spogliò lentamente, pezzo dopo pezzo. Poi lo fece inginocchiare, incatenato alla struttura sospesa. Gli legò le mani sopra la testa e gli coprì gli occhi con una benda di velluto. Al buio, Roberto sentiva tutto in modo amplificato: ogni passo, ogni respiro, ogni colpo di frusta.
"Confessa," ordinò lei, e iniziò il gioco.
Lo colpiva, leggero ma deciso. Sul petto, sulle cosce, sul fondoschiena. Ogni frustata era seguita da una carezza, un bacio, un sussurro. Mentre lo masturbava lentamente, lo interrogava.
"Chi ti eccita più di me?"
"Nessuna… solo tu…"
"Chi ti ha insegnato a godere così?"
"Tu… solo tu…"
Ogni risposta corretta gli valeva un bacio, una leccata sul glande, un massaggio ai testicoli. Ogni esitazione, una sculacciata secca. Il suo sesso era gonfio, viola, inondato di piacere.
Poi il gioco cambiò.
Mirea gli sussurrò all’orecchio: "Ora chiuderò la porta. Sta arrivando qualcuna che ha molto desiderato questo momento. Ti guarderò mentre ti prende. Non ti parlerò. Non ti toccherò. Ma se provi a venire… ti punirò."
Roberto non capiva. Ma poi sentì la porta aprirsi. Un profumo femminile diverso. Tacchi. Una voce sconosciuta.
"Così questo è il tuo preferito?" disse una donna. "Che bel maschietto sottomesso..."
Mani nuove lo accarezzarono. Più aggressive. Gli tirarono i capezzoli, gli afferrarono il cazzo con forza. Una lingua lo leccò. Poi, senza preavviso, sentì la nuova donna montarlo. Senza parlare. Solo respiri, sussurri, unghie sulla pelle.
E Mirea, in silenzio, guardava.
Fu una scena di pura follia: due donne, una che lo prendeva, l’altra che controllava. Lui tratteneva l’orgasmo con le lacrime agli occhi. La tensione era insostenibile. Quando la sconosciuta venne, si piegò su di lui come un animale soddisfatto. Poi scomparve, senza una parola.
Mirea si avvicinò e gli tolse la benda.
"Quella era Alessia. La mia compagna. La mia amante. Da oggi… anche la tua padrona."
Colpo secco.
"Da oggi, tu appartieni a entrambe. Se lo vorrai. Due donne, un solo corpo da usare. Sei pronto?"
Roberto la guardò, con gli occhi lucidi e il corpo esausto, ma pieno di desiderio.
"Sì. Sono vostro."
Mirea sorrise. Poi lo slegò, lo baciò lentamente, e lo lasciò crollare nel suo abbraccio.
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